Studi e Fonti Documentarie della Società Genealogica Italiana

 

 

 

Un diploma d'investitura dell'Imperatore del Sacro Romano Impero

alla casata Lupis 

 

(traduzione dal testo originale latino)

 

 

 

Si presenta qui  la (non breve) trascrizione della traduzione italiana di un diploma dell'Imperatore del Sacro Romano Impero, Leopoldo d'Austria, dato a Vienna il 19 gennaio 1683, in cui Orazio e Giulio de Lupis (padre e figlio) vengono insigniti del cavalierato del Sacro Romano Impero e del titolo di Conti Palatini (conti del Sacro Palazzo Laternanense) e vengono creati "cavalieri aurati o a sprone d'oro".
Oltre a queste investiture, in questo lunghissimo diploma (oltre 30 (!)  pagine), ve ne sono molte altre di notevole rilievo, che lo rendono  molto particolare.

Tra queste concessioni, Orazio e Giulio vengono investiti del potere di:

- creare e nominare segretari pubblici o notai o giudici regolari

- legittimare i naturali, i bastardi, gli spuri, i manseri, gli illegittimi, gli incestuosi


- adottare e riconoscere dei figli

- liberare gli schiavi; interporre autorità e legge alle liberazioni con o senza punizione

- concedere ed elargire alle persone rispettabili insegne e armature

- nominare dottori sia nella Medicina e nella Filosofia che in entrambe le facoltà, e diplomati, baccalaureati e maestri nelle dette facoltà, oppure anche nominare, promuovere, riconoscere ed eleggere poeti laureati.

Inoltre il diploma si apre con ben 3 pagine dedicate ad una sorta di "excursus" genealogico sulla Casata dei Lupi, con una elencazione dettagliata dei personaggi celebri che hanno dato lustro alla Stirpe Luporum.

Infine il diploma sancisce in modo legale e definitivo la comune origine dei diversi rami della casata, ovvero di quello di Parma (Soragna) di Bergamo, di Padova (da cui venne la famiglia Lupati), di Puglia (Giovinazzo) e di Calabria (Grotteria). Degno di nota in tal senso, il seguente passo in cui recita: 

 

"che la tua antichissima famiglia di Orazio de Lupis è nata dal nobile sangue dei Germani (“... de Lupis familiam ex Nobili Germanorum sanguine natam ...”) e che da immemorabile tempo ha generato uomini forniti di toga, di saio e di bende sacerdotali in diversi luoghi dell'Italia, cioè a Parma, a Padova, a Roma, così come in Puglia e in Calabria, e soprattutto a Bergamo"

Alla luce del fatto che si tratta di un atto pubblico e non privato,  si può ritenere questa una attestazione perfetta dal punto di vista formale di tale comune origine.

La  traduzione in italiano dell' originale manoscritto latino venne eseguita su richiesta della famiglia da un insigne latinista dell'Università Cattolica di Milano.

 

 

Frontespizio della copia autenticata a Vienna il 3 aprile 1683 dal notaio imperiale Nicolao Schmidt,

conservata nell'archivio dei marchesi Lupis Macedonio di Grotteria.

Il diploma originale si trova presso l'Archivio di Stato di Vienna

 

 

 

Leopoldo

eletto col favore della divina clemenza imperatore perpetuo dei Romani e della Germania, re dell'Ungheria, della Boemia, della Dalmazia, della Croazia, della Schiavonia, Arciduca dell'Austria, governatore della Borgogna, del Brabante, della Stiria, della Carinzia, della Carnia; Marchese della Moravia, duce del Lussemburgo e della Slesia superiore e inferiore, del Wurttemberg, Principe della Svezia, alleato degli Asburgo, conte del Tirolo, del Monferrato, di Kiburgo e di Gorizia, Landgravio dell'Alsazia, Marchese del Sacro Romano Impero, della Borgogna, e della Lusazia superiore e inferiore, Signore del Marchesato della Schiavonia, porto dell'Aonia e dei Sabini.

Ai nostri cari fedeli del Sacro Romano Impero
Orazio e Giulio de Lupis,
il nostro favore regale e ogni bene.

Come nel mondo il sole, guida dei pianeti e degli astri, dà la luce a tutte le cose e ogni giorno dona la forza della procreazione alle terre e ai loro abitanti con il fulgore dei raggi e riscalda tutte le cose: così è giusto elargire con clemenza anche l'autorità imperiale, alla quale siamo stati innalzati dalla volontà e dalla provvidenza di Dio Ottimo Massimo, ed è giusto concedere i doni della benevolenza dell’ Imperatore verso qualunque Suo fedele, soprattutto verso quelli che, oltre l'antica dignità della famiglia, e nostra e dei propri antenati, i meriti, la devozione, il valore particolare, l'integrità e altre insigni doti dello animo e dell' ingegno rendono, davanti a tutti gli altri mortali, illustri e accetti: ciò sia perché essi proseguano più la prudenza, alacremente nella lode e nelle tappe della gloria, e mostrino ai loro la volontà di imitare le orme degli antenati, sia perché offrano agli altri, incitati a una giusta emulazione, esempio di virtù e desiderio di ricercare e ottenere i premi delle fatiche sostenute.
Ora, dunque, considerando che la tua antichissima famiglia di Orazio de Lupis è nata dal nobile sangue dei Germani (“... de Lupis familiam ex Nobili Germanorum sanguine natam ...”) e che da immemorabile tempo ha generato uomini forniti di toga, di saio e di bende sacerdotali in diversi luoghi dell'Italia, cioè a Parma, a Padova, a Roma, così come in Puglia e in Calabria, e soprattutto a Bergamo, ("Nunc igitur considerantes pervetustam tuam Horati de Lupis familiam ex Nobili Germanorum sanguine natam et ab immemorabili tempore viros toga, sagis, et sacerdotiorum infulis conspicuos in diversis Italia locis, Parma, Roma, Apuliumq(ue) Calabria, videlicet Patavij et precipui Bergomi progenuit...")
e che operò sempre per diffondere più largamente,con imprese famose,l'antico splendore del nome,il successo della Repubblica e l'esempio dei posteri, e sempre più largamente l'affermarono, estendiamo all'intera tua dinastia de Lupis, volentieri, a ragione, a buon diritto,la maestà della nostra benevolenza.
Infatti sappiamo che ciò fu tramandato da documenti delle storie e da altri di antica memoria, che cioè una volta la tua gente dei Lupi ottenne il feudo del Marchesato di Soragna, ( "... historiarum aliisq(ue) antiquae memoriae documentis traditum, quod olim tua Luporum gens Soragni Marchionatus feudum obtinuerit ...”) che Simone Lupo, prefetto supremo dell'esercito del duce Francesco Carrarese, e il suo vicario Antonio Lupo, con imprese eccelse, fornirono ai fondatori degli annali ampia materia per scrivere.
Anche Bonifacio, partorendo il germe di così grande stirpe, con la fama del suo ingegno e del suo senno, tenne la carica di Legato presso Leopoldo, allora Governatore dell'Austria e della Repubblica veneta.
Mentre la gloria della famiglia cresceva in lungo e in largo, Lupus Lupo, nominato Duce delle milizie equestri dal Re dei Boemi, si rese famoso per la gloria delle armi; pertanto il Senato veneto, vedendo tante prove di forza e di saggezza nei Lupis, poiché desiderava avere anche costoro sotto le sue insegne e la sua autorità,
elesse Giovanni Antonio, detto Farinata, Duce delle milizie, inoltre mise a capo dei cavalieri di armatura leggera Francesco Lupis, il quale, dopo aver provato il vario mutamento della guerra, combattendo strenuamente, infine, nella battaglia di Brescia, morì per la patria. dopo esser stato ferito.
Di poi Troilo de Lupis, dopo che in una battaglia pedestre ebbe dato prova di animo combattivo, desideroso di guerre, inseguì il governatore di Candia e il difensore di Crema, essendo essa assediata, occupò poi Bergamo che si era arresa; anche Giovanni Maria si mostrò nobile ufficiale della fanteria; poi Corrado, discendente della stessa dinastia dei Lupi; affinché mostrasse, più illustre, la gloria bellica dei suoi, anche per cariche civili, nominato viceré di Napoli da Ludovico re dell'Ungheria, come pure suo fratello Gelforte, fu inviato a Napoli come castellano e a Roma come Legato del devotissimo Re Ludovico, presso il Sommo Pontefice, pur essendo la situazione e i
tempi ceratamente molto difficili.
Infine, allontanato dalla Repubblica veneta, emerse come duce di tutti gli eserciti per
la gloria delle imprese.
Si trova scritto anche che Filippo fu fornito non invano dal Senato veneto della dignità equestre; infine si trova,in un così ampio numero di illustri e famosi uomini, Antonio de Lupia, il quale, per le doti dell'ingegno e per l'onestà della vita, particolarmente meritò di essere vescovo di Treviso.
Tutti questi fatti, poiché possono ampliarsi sempre più per la fedeltà e le testimonianze degli scrittori, indicano chiaramente che la tua discendenza di Orazio de Lupis deve essere collocata giustamente tra quelli che cercarono di propagare
e di custodire in eterno le immagine degli antenati e l'antico onore della nobiltà, poiché si dice che non fu rovinata o indebolita da sangue plebeo o da parentele,
e per lo stesso motivo risplende anche oggi per il possesso dei feudi sotto il dominio veneto nella valle di Gandino (“feudorum in Veneta ditione(o dicione?) in Gandini Valle possessione hodiernum splendes").
Dato che dunque sappiamo che tu, Orazio de Lupis e tuo figlio Giulio non vi allontanate in nessun modo dalla nobiltà degli antenati e della famiglia e dalla cura delle virtù, bensì che vi applicate con generoso e arduo sforzo a ciò: a tramandare ai posteri la gloria acquistata e già trasmessa a te, dopo una lunga discendenza, adorna e fatta anche più grande da propri meriti, non vogliamo tralasciare di onorarvi con un eccezionale elogio della nostra generosità benevolenza Imperiale.
Pertanto per particolare compiacenza, con sentimenti derivati da sicura esperienza,
con propositi ben ordinati e che nascono in noi, e col completamento del nostro autorevole potere imperiale, a te, nominato Orazio de Lupis, e a tuo figlio Giulio abbiamo concesso questa grazia e la nobiltà dei vostri antenati; e le abbiamo non solo lodate, confermate, ratificate e accordate recentemente, come se fosse necessario, (come per esempio lodiamo, confermiamo, ratifichiamo o concediamo in forza di questo) ma anche per distinzione alquanto singolare della vostra condizione, associamo, onoriamo e accumuniamo te, padre Orazio,e tuo figlio Giulio de Lupis, e tutti i vostri figli, eredi e discendenti maschi, legittimi, nati da matrimonio o che dovranno nascere regolarmente per una indefinita società, comunanza, condizione, grado e classe di soldati nostri e nobili del Sacro Romano Impero o di cavalieri aurati ( “ ... seu equitum auratorum..”.) , eleggiamo e nominiamo voi tutti, nati dalla classe militare dei veterani vessillari o da parentela, e vogliamo che siano eletti, nominati, proclamati, stimati e reputati soldati del Sacro Romano Impero o cavalieri aurati persino quelli nati da altre classi a qualsiasi dignità, condizione, grado, stato o nobiltà appartengano.
Mentre noi decidiamo ciò, che voi in qualunque parte della terra, tanto nei tribunali quanto al di fuori, negli affari spirituali e temporali, ecclesiastici o laici,
in qualsiasi atto ed esercizio, possiate e siate nella condizione di usare,
ottenere, conquistare, usufruire dell'onore militare e degli ornamenti dell'ordine equestre, collari, scudi, sproni, bardature, falere, decorazioni d'oro, quindi di tutti gli onori, delle libertà, dei favori e dei benefici che usano e conquistano altri nobili cavalieri con gli scudi dorati del nostro e del Sacro Romano Impero e i vessillari, sia nell'uso della spada, della parola, che in altro momento: nell'ornamento della
cinghia e decorati dei fasci militari secondo il rito o anche dell'Ordine di Gerusalemme, in qualunque modo e senza impedimento od obiezione, rimanendo tuttavia sempre intatti ed integri i diritti nostri, del Sacro Romano Impero e di chiunque.
Affinché poi il nostro favore regale verso di voi risplenda meglio negli occhi dei mortali, con quella stessa nostra autorità imperiale, per voi, sopranominati Orazio e Giulio de Lupis, e per i vostri figli, eredi, posteri e discendenti legittimi di ambedue i sessi sino all'infinito, abbiamo non solo con animo benevolo ricordato e riconosciuto le insegne antiche della vostra famiglia, ma le abbiamo anche accresciute,
arricchite e ampliate con un segno nuovo, creato recentemente, conforme alla onoreficenza equestre e con la forza dei presenti lo riconosciamo, approviamo,
confermiamo, ampliamo, concediamo e doniamo con benevolenza accanto a quel segno che avete e che è da portare e mostrare in eterno, d'ora in poi nel tempo.
Esso sarà uno scudo diviso in quattro parti di egual misura, di cui la prima e l'ultima sono d'oro, e nel fondo,che è di argento,contengono tre fasce successivamente purpuree e vivaci, ondulate, simili a delle cose che ondeggiano.
Poi nel campo azzurro della seconda e terza parte è posto un fiore di rosa d'argento con un gambo dalle foglie verdeggianti avvolto in mezzo da una corda quasi azzurro scuro.
Nella parte superiore, ricopre lo scudo una ghirlanda o una corona d’oro, piana, incastonata di perle piuttosto grandi che si succedono in fila, è avvolta da un filo e, proprio nelle giunture, nel margine superiore, porta una decorazione simile a quella dell'ordine equestre; sta sopra questa corona un elmo d'argento coperto di guarnizioni d'oro, detto comunemente "torneario", che guarda verso destra. Da esso scendono
artisticamente ornamenti e nastri di ambedue i metalli alquanto nobili, talora anche rosso scarlatto, azzurro cupo, splendidi per il colore vivo e scuro; i nastri si chiudono mescolandos in un giro lieve e ben stretto.
L'acrostolio, poi, dell'elmo è una corona ugualmente d'oro, scolpita con gemme e perle, e dalla parte anteriore della corona d'oro, opera un lupo del suo colore naturale, mentre si erge, tiene stretto con le zampe il fiore di rosa contrassegnato nella figura dello scudo, poi tira fuori la lingua d'oro, dopo aver allontanato il cibo.
In seguito, sotto le già nominate strisce o borghie, due Arpie splendenti d'oro da ambedue i lati vigilano, mentre afferrano lo scudo.
Infine, come riconoscimento più splendido dell'Ordine Equestre della nostra generosità regale e del nostro dono a voi, e come segno, nel centro o nel mezzo del sopranominato scudo è collocato in modo insolito un piccolo scudo che sulla base d'oro mostra un'aquila nera, molto naturale, con le ali aperte, in atto di volare; ha il becco che mostra la lingua di color scarlatto e le zampe e le unghie d'argento o tinti di colore bianco qua e là.
Così l'opera di questo diploma di conferimento, foggiato dall'arte del pittore e ornato con colori appropriati e caratteristici INDICE DELLE FAMIGLIE NOBILI DEL MEDITERRANEO che tutti questi particolari meritano di essere esaminati
Essendo noi benevoli e stabilendo fermamente con questo nostro editto regale che tutti voi, figli dei sopranominati Orazio e Giulio de Lupis, eredi, posteri, discendenti e vostri nati in modo legittimo e nascituri sino all'infinito, da questo tempo per l'avvenire, in tutte le azioni onorevoli e dignitose, nelle occupazioni civili e militari, negli esercizi delle aste o nelle gare degli astati, pedestri o equestri, nelle guerre, nei duelli, nelle contese personali e in qualunque combattimento, da lontano, da vicino, negli scudi, nei vessilli, nelle tende, negli edifici, nelle case o in qualsiasi apparato, negli affari religiosi o civili, spirituali o temporali e, infine, in tutte le diverse circostanze, per la necessità del caso e della nostra volontà, per libera decisione di altri nobili scudieri o secondo l'usanza dei cavalieri con gli scudi dorati, spontaneamente e senza alcun impedimento, possiate avere portare, trasmettere e adoperare le insegne delle armi già tramandate: che voi siate anche idonei e capaci di entrare nei favori e di ricevere tutte le libertà, le esenzioni, i feudi, i privilegi, gli esoneri da qualunque obbligo e onere, sia personali che di altri, di servirvi infine di ogni diritto che gli altri, decorati di onore e dignità di qualsiasi genere da noi o dal Sacro Romano Impero e in grado di ereditare feudi, usufruiscono, usano, ottengono e godono in qualunque modo secondo l'uso e il diritto, senza l'impedimento di chiunque operi in senso contrario.
Del resto, per onorare sempre più voi, padre Orazio e figlio Giulio de Lupis, cavalieri con gli scudi d'oro del Sacro Romano Impero, con ulteriore testimonianza della nostra regale benignità e grazia e con lo stesso potere, di cui abbiamo detto sopra, la stessa autorità, la stessa disposizione e usanza, abbiamo fatto, creato, eletto voi, con tutti i discendenti, i vostri figli maschi, capaci e idonei, Conti del Sacro Palazzo Lateranense, della nostra corte regale e dei nostri successori, imperatori e Re romani e dellàImperiale Concistoro, clementemente vi abbiamo insignito della nobiltà del seguito imperiale, ma soprattutto vi facciamo, nominiamo, creiamo, innalziamo e onoriamo come seguito dei presenti, vi uniamo e vi mettiamo nel numero, nell'ordine e nella classe i degli altri Conti imperiali. Stabilendo e decidendo fermamente con questo nostro editto imperiale che voi, con tutti i vostri discendenti maschi, per la detta nobiltà del seguito imperiale (soltanto però gli idonei, i capaci e gli abili) sino all'infinito, da ora e per sempre possiate usufruire, godere e ottenere tutti i privilegi, i favori, i diritti, le insegne, le prerogative, le immunità, le cariche, le esenzioni e le libertà di cui tutti gli altri Conti del Sacro Palazzo Lateranense e del nostro Concistoro hanno fin qui goduto e godono in qualunque modo, o per consuetudine o per diritto.
Mentre noi diamo e concediamo a voi e a chiunque di voi e dei vostri discendenti maschi, come detto prima idonei e capaci, ampia autorità e facoltà perche possiate per tutto l'Impero Romano e il mondo creare e nominare segretari pubblici o notai o giudici regolari; e a tutte quante le persone che saranno state degne di fiducia e che saranno capaci e adatte (e su ciò impegneremo le nostre coscienze) possiate concedere e dare la carica di segretario o di notaio o di normale giudice, quindi possiate adornare questi e chiunque dei predetti con la penna e il calamaio, com'è d'uso. Dovrà esistere tuttavia la condizione secondo la quale dagli stessi segretari pubblici o notai o giudici ordinari che voi dovrete eleggere e dovunque vogliate, per condizione sociale, in nome nostro e del Sacro Romano Impero e per lo stesso Impero Romano, voi riceviate il giuramento dovuto della fedeltà in questo modo: che saranno fedeli a Noi e al Sacro Romano Impero e a tutti i nostri successori, agli Imperatori Romani e ai Re che legalmente entreranno nel Regno, e non saranno mai in una assemblea in cui si trami contro di Noi, ma difenderanno il nostro bene e la nostra salvezza e proseguiranno fedelmente, vietando e allontanando i nostri danni secondo le proprie possibilità.
Inoltre, tutti i documenti sia ufficiali che personali, le ultime intenzioni, i codicilli, i testamenti, qualunque atto dei giudici e tutti gli affari di altri o personali, che a loro e a chiunque di loro si presenteranno da fare o da scrivere per obbligazione delle suddette cariche, con giustizia, con onestà, con fedeltà, allontanata ogni falsità, simulazione o inganno, scriveranno, raccoglieranno, faranno e imporranno, non tendendo all'odio, altre passioni o favori. al denaro, ai doni o ad Inoltre raccoglieranno, scriveranno, faranno e detteranno fedelmente, secondo la consuetudine dei luoghi, le scritture, gli atti e quelle cose che dovranno ridurre in decreto ufficiale, su fogli puliti, non su carte rotte o su papiri; difenderanno le case dei forestieri e delle persone povere, i ponti e le strade pubbliche, secondo le proprie forze, terranno in segreto, fedelmente, i pareri e le parole dei testimoni, finche non saranno stati resi pubblici e fatti approvare; faranno con giustizia e rettitudine ogni azione (sia degli altri sia personale) che riguarderà i doveri suddetti, secondo l'uso e il diritto. in qualsiasi modo, Qualsiasi cosa di tal fatta i segretari pubblici o i notai o i normali giudici (che dovranno essere nominati da voi) possano o debbano fare e scrivere e rendere pubblico, per tutto l'Impero Romano, in ogni luogo o terra, come i contratti, gli atti, gli strumenti di giudizio e le ultime volontà; possano far uscire decreti e ordini in qualunque contratto che contempli quelli o questi, e possano fare, esercitare e rendere pubblico ogni altra cosa che, si sa, riguarda e concerne la carica di un segretario pubblico o di un notaio o di un normale giudice.
Stabiliamo noi che per tutti i documenti e gli atti che devono essere redatti o sono stati redatti dai segretari di tal fatta, dai notai o dai giudici ordinari, si usi piena autenticità ovunque, nel giudizio o fuori del giudizio, se non c'è l'opposizione di costituzioni o statuti o altro che sia in opposizione.
Inoltre a voi, Orazio e Giulio de Lupis, e ai vostri discendenti maschi, come sopra citati, capaci e forniti di qualità concediamo ed elargiamo piena facoltà con cui possiate legittimare i naturali, i bastardi, gli spuri, i manseri, gli illegittimi, gli incestuosi congiuntamente o disgiuntamente e tutti quelli nati o che nasceranno da una unione illegittima e riprovevole, maschi e femmine di qualsiasi condizione, stato o ceto che siano, anche se saranno bambini che vivranno o che moriranno, esistendo o non esistendo altri figli anche quelli non altimenti ricercati, vivendo o anche essendo morti i loro genitori (eccezion fatta tuttavia per i solo per i figli nobili dei principi, dei conti e dei baroni). Possiate inoltre riportare e ridare a loro e a chiunque di loro tutti i diritti legittimi e togliere ogni impurità di generazione, rendendoli capaci e atti a tutti i diritti delle successioni e delle eredità, dei beni paterni e materni, o comuni (di possesso comune) o feudali o di enfiteusi, sia riguardante qualunque luogo, anche se parlassero solo di figli legittimi e nati da matrimonio legittimo e senza testamento degli agnati (figli di soprannumero) e dei consanguinei. Possiate ancora renderli capaci e atti alle cariche, ai feudi, ai domini, ai vassallaggi, ai meriti e ai singoli atti legittimi, sia in seguito a un patto o a un'ultima volontà che in qualsiasi altro modo, come se fossero stati generati da matrimonio legittimo, purché non ci sia assolutamente obiezione da parte della prole legittima. E ciò perché la legittimazione degli stessi, fatta come detto sopra, si ritenga e si pensi soprattutto avvenuta in conformità delle leggi, come se fosse avvenuta con tutte le procedure solenni della legge (le cui inadempienze in particolare noi vogliamo e intendiamo che siano controllate dalla autorità Legale); purché tuttavia tali legittimazioni che voi dovrete fare non nuocciano gli stessi eredi legittimi e naturali.
In verità essi devono essere riconosciuti legittimi, dopo che lo siano stati come abbiamo detto sopra, e si stabilisca che siano nominati e riconosciuti legittimi e che possano e debbano essere nominati dovunque come legittimi e nati tali, da vero casato e da parentela dei loro genitori; possano e debbano,altresì, portare e mostrare le loro armature e insegne integre inoltre da ogni scalfitura. Siano ammessi a tutti gli atti legittimi, uffici, diritti, onori, cariche tanto eccle siastiche che laiche, come veri legittimi: che anzi siano fatti nobili, se i loro genitori saranno stati nobili, possano e debbano usufruire, godere, ottenere e usare, in tutti gli atti pubblici e privati, cariche, onoreficenze, diritti e dignità di cui si servono e godono o che usufruiscono e ottengono i veri legittimi in giudizio o fuori del giudizio (senza l'opposizione di alcune leggi alle quali si provvede perché i naturali, i bastardi, gli spuri, i manseri, gli illegittimi, gli incestuosi congiuntamente o disgiuntamente, o chiunque altro nato da un'unione illecita e condannata o che debba. nascere, non possano e non debbano essere legittimati, in quanto ci sono dei figli naturali legittimi oppure non c'è il consenso o la volontà dei figli naturali e legittimi, oppure dei padroni di un feudo e soprattutto se ci sarà stata una controversia tra i padroni e gli Agnati e i legittimi riguardo al feudo, noi ordiniamo riguardo all'emancipazione dei figli e di altri simili a1 quali leggi e a quali di esse, (illegibile) vogliamo espressamente e con sicura nostra conoscenza derogare, senza neppure l’ostacolo, nel preambolo, di alcuni ordinamenti dei contraenti e le ultime volontà dei testimoni o altre leggi o statuti dei luoghi, usanze, anche se fossero tali da doverne far qui particolare menzione: ostacolando questi ed essendoci la possibilità di ostacolare, solo in questo caso deroghiamo totalmente alla sicura conoscenza e alla pienezza del potere regale e vogliamo che sia derogato dai presenti (dminuire il valore dell'autorità...).
Similmente colla stessa autorità, a voi già nominati Orazio e Giulio de Lupis e ai vostri successori maschi, qualificati come dianzi abbiamo detto, diamo e concediamo ampio potere e ampia facoltà colla quale possiate e vogliate dare, assicurare e garantire tutori e curatori o toglierli se ci sono motivi legittimi. Diamo e concediamo ancora ampio potere e ampia facoltà con la quale possiate e vogliate adottare e riconoscere dei figli, rendere, assicurare e nominare costoro adottati e riconosciuti; possiate inoltre emancipare figli adottivi o da adottare, riconosciuti in qualunque età e liberare dalla potestà paterna e consentire con qualunque adozione, in quelle dei maggiorenni, nelle emancipazioni, anche dei bambini e degli adolescenti; perdonare coloro che supplicano in grazia dell'età; far valere il decreto e la autorità in tutto, liberare gli schiavi; interporre autorità e legge alle liberazioni con o senza punizione, al trasferimento di cose meno importanti e alla transazione (fine) degli alimenti; portare alle condizioni di prima anche le chiese minori e le comunità danneggiate da alcuni chiamati precedentemente a ciò e concedere ad esse o a qualcuna di esse la intera restaurazione.
Possiate ancora governare congiuntamente o disgiuntamente con coloro che hanno disonorato la legge o hanno fatto qualcosa comunque e restituirli al buon nome, cancellando da loro ogni nota di discredito tanto attribuito quanto da attribuire; così, per quanto riguarda il resto, siano ritenuti capaci e idonei a tutti gli atti legittimi e possano progredire,tuttavia sempre se sarà rispettata la regola del diritto. Inoltre per una singolare grazia e nostra regale generosità, con lo stesso procedimento, con gli stessi sentimenti, con la stessa conoscenza e autorità di cui sopra, a voi Orazio e Giulio de Lupis e ai vostri successori maschi qualificati, come già detto, a questo privilegio del seguito legale, diamo e concediamo ampio potere e libera facoltà perché abbiate la possibilità e la capacità di concedere ed elargire alle persone rispettabili insegne e armature, alla natura della persona (noi vogliamo che ciò dipenda dal vostro parere e dalla vostra volontà), idonee e conformi purché nella concessione di tali armature e insegne vi guardiate dal concedere a qualcuno soprattutto l'aquila imperiale integra o la corona regia che è nell'elmo o l'elmo torneario aperto e ingraticolato (senza dubbio riserviamo solo a noi questi poteri); optpure vi guardiate in poche parole dall'elargire le armi degli avi e le insegne di qualsiasi principe, di qualsiasi conte, di qualsiasi barone o di qualsiasi nobile.
Questi certamente così decorati di armi da voi, possano portare e mostrare secondo la loro volontà e il loro desiderio tali armi e insegne concesse da voi, in ogni luogo, in tutte le azioni dignitose e decorose, nelle spedizioni, nelle guerre, nei duelli, nelle gare particolari, in qualunque combat timento, nei drappelli, nelle tende, negli anelli, nei segni, nei sigilli, nei documenti, nei sepolcri, in ogni apparato e possano usare, godere, usufruire di tutti i privilegi, i diritti, gli onori, le cariche, i doveri, le dignità, i favori le concessioni e insegne di cui tutti gli altri decorati dai nostri predecessori, Imperatori e Re dei Romani e da noi stessi godono, usufruiscono, si compiacciono e possano essere ammessi anche a quelle cose alle quali essi sono ammessi secondo la consuetudine o il diritto.
Accordiamo ancora a voi Orazio e Giulio de Lupis e ai vostri successori, come già espresso, che possiate e abbiate la facoltà di nominare dottori sia nella Medicina e nella Filosofia che in entrambe le facoltà, e diplomati, baccalaureati e maestri nelle dette facoltà, oppure anche nominare, promuovere, riconoscere ed eleggere poeti laureati. Tuttavia a quelli chiamati alla nomina di un dottore di un tal genere o di un licenziato, ai dottori esimi riguardo alla professione del nominare fino alla classe meno importante che aveva affrontato l'esame per creare dottori o licenziati, a colui che essi avranno trovato idoneo e avranno riconosciuto meritevole, Voi, interponendo la vostra autorità, conferirete, com'è d'uso, i riconoscimenti del dottorato, della licenza, del magistero, del baccalaureato e della laurea poetica. Coloro a cui voi avrete accordato il titolo e il riconoscimen to del dottorato, della licenza, del magistero, del baccalaureato e della laurea poetica abbiano liberamente il potere, in ogni città, in ogni terra, in ogni parte del Sacro Romano Impero, ovunque, di fare e di esercitare tutte le prerogative del maestro, dell'insegnante, del traduttore, di colui che sale in cattedra, di colui che è dotto nel glossario e che sa discutere di diritto, che sa dare consulti, che sa riunire e che sa esercitare tutte le altre prorogative tipiche di un dottore e tutte le altre prorogative della licenza o del magistero o del baccalaureato o della laurea poetica.
Pssano essi godere e usufruire di tutti i privilegi, le prerogative, le esenzioni, le libertà, le concessioni, gli onori, le cariche, i favori, i perdoni e le grazie e di qualunque altra cosa di cui gli altri dottori, gli altri licenziati, gli altri maestri, gli altri baccalaureati e gli altri poeti laureati (che siano stati promossi nel Ginnasio di Pavia, o di Bologna o di Padova, o di Vienna o di Perugia, o di Pisa, o di Siena, o in qualunque altro ginnasio pubblico o che abbia ottenuto un privilegio, oppure che siano stati insigniti da noi e dai nostri divini predecessori, dagli imperatori o dai re, sia in qualunque altro modo abbiano ricevuto tali riconoscimenti) godono, usano e ottengono in qualunque modo, consuetudine o legge. Non contrastando in tutto ciò che è stato detto né leggi, né norme, né costituzioni, né decreti, né annotazioni; né usanze, né ordinanze, né riforme, né privilegi, né esenzioni, né favori, o prerogative, con qualunque nome si pensi o di qualunque tenore e lavoro siano, o che siano stati fatti, o che noi dobbiamo fare, o che i predecessori e i successori nostri debbano fare, o che qualunque principe, duca, marchese, compagno, universitario, città, comunità debba fare, o un altro di qualsiasi genere o condizione, sotto qualunque articolo, sotto qualunque espressione verbale che sostenga il contrario anche se fosse tale di cui occorrerebbe far qui particolare menzione parola per parola, a tutte queste leggi con la nostra autorità regale, dai presenti,quanti a questa concessione nostra e a questo indulto si opporrebbero o po trebbero opporsi deroghiamo e così vogliamo che così sia derogato.
Parimenti affidiamo e comandiamo a tutti gli elettori del Sacro Romano Impero e ai principi religiosi e laici, ai marchesi, ai conti, agli amici arcivescovi, ai vescovi ai duchi, ai baroni, ai soldati, ai cavalieri, agli alleati, ai governatori, ai capitani, ai viceré, ai legati, ai prefetti, ai difensori di un castello, ai rettori, ai luogotenenti, agli ufficiali, agli araldi dei re o messi, ai magistrati, ai consoli, ai borgomastri, ai potestà, ai giudici, ai cittadini e complessivamente a tutti i sudditi nostri e del Sacro Romano Impero e cari fedeli di qualsiasi condizione, grado, dignità, ordine o condizione siano, che facciano in modo che voi, sopracitati Orazio e Giulio de Lupis, che tutti i vostri figli, i vostri eredi e posteri e discendenti vostri, legittimi, all'infinito, otteniate, possediate e abbiate tutti i privilegi, i favori e le onorificenze che competono a voi, grazie alla forza di questo nostro diploma imperiale, in quella maniera che si tiene per quelli più importanti, pacificamente, serenamente e, in una parola, senza impedimento o molestia.
Inoltre che essi proteggano e tutelino voi e gli altri in ogni cosa a tal punto che non tentino o preparino qualcosa in senso contrario, o lo impediscano e lo proibiscano con la forza. Se qualcuno poi oserà trasgredire con un atto audace o violare questo nostro editto imperiale, sappia che, oltre che incorrere nel gravissimo sdegno nostro e del Sacro Romano Impero, incorrerà irremissibilmente in una multa di cento marchi di oro puro per il fisco o l'erario nostro imperiale e in una offesa che deve espiare secondo i modi di uno che soffre o di coloro che soffrono, nello stesso momento,
tante volte quante sarà stato fatto contro questa pagina della nostra elezione, concessione, generosità e grazia.
A testimonianza di questa lettera scritta a mano e fornita dell'autorità del nostro regale sigillo, e che sarà data nella nostra città di Vienna il 19 gennaio dell'anno del Signore, 1683, 25mo del Nostro Regno a Roma, il 28mo in Ungheria, il 27mo in Boemia

Leopoldo


Per mandato particolare della Sacra Maestà Imperiale
Giovanni P

Io attesto qui che la presente copia è concorde con il vero e originale diploma imperiale
Vienna... 1683
Rabanus Hermanus Bertrandus.
Addetto alla registrazione della Cancelleria Imperiale Aulica Latina

Io Nicolao Schmidt, Notaio pubblico favorito dall'autorità imperiale e giudice ordinario in questa città
Questa copia fu prodotta dall'addetto alla registrazione (...) assegnato alla Cancelleria Imperiale (...) Latina, col suo originario inchiostro esistente nella medesima cancelleria.

A garanzia di ciò, qui in modo autentico ... e ho apposto il mio solito sigillo del mio ufficio di Notaio.
Redatto a Vienna 3 Aprile 1683
Nicolao Schmidt Notaio.

In
fede

setstats 1

Torna alla sezione "Studi e Fonti Documentarie della Società genealogica Italiana"