Studi e Fonti Documentarie della Società Genealogica Italiana

 

I sette Grandi Offici del Regno di Napoli

I loro titolari fino al 1670

ALFONSO DI SANZA D' ALENA

 

    Il governo centrale del Regno di Napoli era retto da sette uffici principali, che gli eruditi cinquecenteschi amavano descrivere come i sette pilastri  dell'amministrazione di palazzo, costituenti la Magna Regia Curia.

    Le colonne portanti dell'amministrazione erano rappresentate dal Gran Connestabile, dal Gran Giustiziere, dal Grande Ammiraglio, dal Gran Camerario o Camerlengo, dal Logoteta e dal Protonotaro (di cui si tendeva a fare un'unica dignità), dal Gran Cancelliere, e dal Gran Siniscalco. Questa ripartizione della funzione amministrativa, affondava le sue radici all'epoca dello Stato normanno, che la trasse dall'esperienza bizantina, franca e musulmana. In epoca normanna, tuttavia, le cariche non erano tutte presenti contemporaneamente, così come le loro competenze non erano fissate e lasciavano largo spazio all'arbitrio del sovrano. Quest'ultimo, dal canto suo, sovente affidava gli incarichi più per fiducia personale nella persona dell'investito, che per l'effettiva sua capacità di svolgere l'incarico. Dall'epoca in cui i sovrani iiziarono a dimorare in Napoli, i Sette Grandi Uffici svolsero i loro compiti sia in tempo di pace che di guerra, e rappresentarono l'organo per mezzo del quale la volontà e gli ordini del Re venivano eseguiti. Con il passare del tempo non svolsero più direttamente certe funzioni, ma si avvalsero di Luogotenenti.

    Il Gran Connestabile (termine derivante da comes stabuli o stalliere) era una figura di origine franca. Infatti l'origine di questa carica risale ai tempi di Clodoveo e le mansioni del connestabile, che nei primi tempi erano quelle di svolgere alcuni uffici domestici interni della casa del sovrano (presiedere al servizio della mensa, del guardaroba, delle scuderie reali), andarono man mano evolvendosi ed aumentando d'importanza, fino a giungere alla firma delle lettere reali in qualità di grand'ufficiale, e divenire la prima carica della corte all'epoca di Luigi VIII. Per quanto riguarda il Regno di Napoli, il Connestabile, appare inizialmente come comandante della masnada del Re ed in seguito come capo di tutto l'esercito terrestre del Regno. Aveva competenze varie ed occasionali, piuttosto che mansioni stabili. Tra i privilegi connessi a quest'ufficio vi erano quello di portare la spada ignuda avanti del re nelle cavalcate, e di sedere alla sua destra. Esistevano, tuttavia, nel Regno, delle cariche minori, che venivano anche indicate col termine di Connestabile. Vi erano ad es. il Comestabulus Capuae (apparteneva ai funzionari che venivano inviati nelle province), i Comestabuli Regii Hospitii (che erano i mastri di stalla della casa reale) ed i Contestabili che svolgevano funzioni di capitani delle milizie provinciali (Contestabile di Terra di Lavoro, di Basilicata, degli Abruzzi, ecc.). La giurisdizione del Gran Connestabile, in progresso di tempo, venne ad essere esercitata dal Viceré.

    Nel 1670, l'ufficio veniva retribuito con la rendita di 2190 ducati l'anno. Furono titolari di questa carica (1): Roberto, Conte di Loritello (nipote di Ruggiero, I Re di Napoli); il Conte Radoperto Scaglione; Mario Borrello (all'epoca di Guglielmo il Malo); Manfredi, Principe di Taranto (fratello del Re Corrado); Giordano d'Angione, Conte di S. Severino; Guglielmo Stendardo (all'epoca di Carlo I); Guglielmo Stendardo (altro rispetto al precedente, creato Gran Contestabile da Carlo II, nel 1302); Giovanni Ianvilla; Arrigo Sanseverino (creato G.C. dal Re Roberto nel 1313); Tommaso Sanseverino, Conte di Marsico (all'epoca della Regina Giovanna I); Giannotto Protoiodice, Conte della Cerra (nel 1381, epoca di Carlo III); Alberico da Barbiano; Tommaso Sanseverino (epoca di Luigi d'Angiò); Sforza, conte di Cotignola e Principe di Capua (regno di Giovanna II); Andrea Braccio da Perugia, Conte di Montorio (regno di Giovanna II); Giacomo Caldora, Duca di Bari (epoca di Renato d'Angiò); Giovanni Antonio Ursino, Principe di Taranto (epoca di Alfonso I e Ferrante I); Pirro del Balzo, Principe di Altamura (epoca di Re Ferrante I); Consalvo Ferrante di Cordoba, Duca di S.Angelo, Sessa e Terranova (anno 1507); Fabrizio Colonna, Duca di Tagliacozzo (epoca di Carlo V); Ascanio Colonna (epoca di Carlo V- 1535); Marcantonio Colonna (epoca di Filippo II); Marcantonio Colonna II (epoca di Filippo III); Filippo Colonna, Principe di Sonnino e Manoppello, Duca di Tagliacozzo e Palliano, Marchese di Atessa, Conte di Albi (epoca di Flippo IV); Federico Colonna, Principe di Butera, duca di Tagliacozzo (epoca di Filippo IV); Marcantonio Colonna, Duca di Tagliacozzo, Principe di Castiglione (epoca di Filippo IV); Lorenzo Colonna, Duca di Palliano e Tagliacozzo, Principe di Sonnino e Castiglione (epoca di Filippo IV e Carlo II).

    Anche il Gran Giustiziere, che alcuni credono derivato dal bizantino mégas krités di Calabria, è di origine franca, e fu istituito all'epoca della dominazione normanna. All'epoca di Federico II, che in una sua Costituzione definì il Gran Giustiziere con il termine di luminare majus, divenne il secondo ufficio del Regno e suo compito era quello di sovrintendere alla funzione giudiziaria. Sotto la sua tutela era posta la Gran Corte e la sua giurisdizione si estendeva alle cause civili, criminali e feudali, ed alla stessa erano soggetti tutti i titolati del regno. Il Reggente della Vicaria funzionava da suo Luogotenente ed era nominato dal Viceré. Il Gran Giustiziere aveva diritto a sedere alla sinistra del Re, vestiva di porpora ed aveva uno stendardo particolare. Esistevano anche dei Giustizieri inferiori che venivano inviati nelle province (es. i Giustizieri d'Abruzzo, di Salerno, ecc.). Nel 1670, questo Ufficio era retribuito con una rendita annua di 2180 ducati. Ne furono titolari: Mario Borrello (epoca di Guglielmo I); Rogiero, Conte d'Andria (epoca di Guglielmo II); Ritturo Montenegro (epoca di Federico II); Tommaso d'Aquino, Conte della Cerra (nel 1222); Federico d'Arena (epoca di Re Manfredi); Beltramo del Balzo (1269); Ottone da Tuzziaco (1292); Ermignano de Sabran, Conte d'Ariano (1301); Roberto da Cornar, milite (1313); Hugone de Imbellinis, Conte di Schiavonia (1334); Bertrando del Balzo, Conte di Montescaglioso (1345); Roberto Riccio (epoca di Giovanna I); Carlo Ruffo, Conte di Montalto (1381); Rogiero Acclozamora (epoca di Carlo III); Roberto Ursino, milite (1390); Nicolò Celano, Conte di Celano, (epoca di Re Ladislao); Monsignor di Mongiò (epoca di Luigi II, d'Angiò); Baldassarre della Ratta, Conte di Caserta (epoca di Re Renato); Raimondo Ursino, Principe di Taranto, Conte di Nola (epoca di Alfonso I); Gilberto Borbone, Conte di Monpensiero, Delfino d'Alvernia, Arciduca di Sessa (1495); Antonio Piccolomini, Duca di Amalfi (1480); Alfonso Piccolomini, Duca di Amalfi (figlio del precedente - 1493); Ferrante Gonzaga, Principe di Molfetta (epoca di Carlo V); Cesare Gonzaga, Prinicipe di Molfetta (epoca di Filippo III); Tommaso Francesco Spinello, Marchese di Foscaldo (epoca di Filippo IV); Giovanni Battista Spinello, Marchese di Foscaldo (epoca di Filippo IV e Carlo II).

    Di origine araba (derivato dai termini emir o amir-al-bahr e cioé capitano o comandante di mare) era invece l'Amiratus o Ammiraglio. Inizialmente era il governatore civile e militare di Palermo, ma col passare del tempo divenne alta dignità del Regno con funzioni non facilmente definibili (probabilmente sia civili che militari). Sembra che i primi ad adottare questo titolo furono i siciliani. Tra i primi Grandi Ammiragli si ricorda Giorgio Antiocheno (epoca di re Ruggero) che si firmava Giorgius Admiratorum Admiratus; riportò notevoli vittorie nelle acque greche ed in particolare liberò Luigi Re di Francia, che, di ritorno dalla Palestina era stato catturato dai Greci. In Sicilia il Grande Ammiraglio comandava sul mare sia in tempo di pace che di guerra. Doveva occuparsi della costruzione e disposizione delle navi reali, garantire l'obbedienza al sovrano da parte dei lidi marittimi e vigilare sulla sicurezza dei porti del Regno. Esercitava la giurisdizione civile e criminale sugli altri Ammiragli ed ufficiali minori, avvalendosi dei giudici, da lui stesso nominati, che sedevano in un tribunale speciale. Erano sottratti a questa giurisdizione, tutti coloro che erano a servizio delle Galere di Napoli, che sottostavano, invece, al loro Generale. Aveva la prerogativa di sedere, nei parlamenti, alla destra del sovrano, subito dopo il Gran Connestabile, e vestire di porpora. Il Grande Ammiraglio, inoltre, poteva nominare i Vice Ammiragli di tutte le marine del Regno, nonché nominare 50 uomini che potevano andare armati sia di giorno che di notte  anche con armi proibite dai Regi Banni. L'insegna di quest'Ufficio era rappresentata dal fanale. Questa carica era retribuita con una rendita annua di 2190 ducati, e ne furono titolari: Belcamuer (1128); Giorgio d'Antiochia (1131); Maione di Bari (1156); Margaritone (1189); Arrigo di Malta, Conte di Marino (1222); Alessandro (1236); Nicolò Spinola (1239); Ansaldo dé Mari (1241); Andreolo dé Mari (1247); Filippo Cinardo (1263); Guglielmo Stendardo (1263); Guglielmo di Belmonte (1269); Filippo di Tucciaco (1270); Narzone di Tucciaco (1272); Arrigo dé Mari (1282); Rinaldo d'Avelta (1294); Ruggiero dell'Oria (o di Loria - 1303); Sergio Siginulfo (1305); Bartolomeo Siginulfo (1306); Filippo Principe d'Acaja, Principe di Taranto (1307); Odoardo Spinola (1309); Corrado Spinola (figlio del precedente - 1313); Ademaro Romano (1317); Tommaso Marzano (1327); Ludovico di Tocco (epoca di Re Roberto e Giovanna I); Goffredo Marzano, Conte di Squillace (1342); Pietro Cossa (o Salvacossa - 1354); Rinaldo del Balzo (1356); Roberto Marzano, Conte di Squillace, Duca di Sessa (1370); Giacomo Marzano (figlio del precedente - 1381); Giovanni Antonio Marzano, Duca di Sessa (1404); Battista Fregoso (epoca di Luigi II d'Angiò); Attale de Luna (1423); Marino Marzano, Principe di Rossano, Duca di Sessa (1453); Roberto Sanseverino, Principe di Salerno (1463); Antonello Sanseverino, Principe di Salerno (epoca di Ferrante I); Francesco Coppola, Conte di Sarno (1486); Federico d'Aragona, Principe di Altamura (1487); Giovanni Polo (1488); Berardino Sanseverino, Principe di Bisignano (1497); Filippo d'Aloues de la Marca (1507); Bernardino Villamarino, Conte di Bosa e di Capaccio (1522); Guglielmo de Croy, Duca di Sora (1510); Raimondo de Cardona, Conte d'Alvito (1520); Fernando de Cardona, Duca di Somma (epoca di Carlo V); Consalvo Ferrante de Cordova de Cardona, Duca di Sessa (1572); Francesco Carafa (epoca di Filippo II); Antonio Carafa, Marchese di Corato (1584); Matteo di Capua, Principe di Conca (1597); Antonio Carafa (1607); Giulio Cesare di Capua, Principe di Conca (1608); Luigi Fernando de Cordova de Cardona, Duca di Sessa (epoca di Filippo IV); Antonio Fernandez de Cordova de Cardona, Duca di Sessa (epoca di Filippo IV); Francesco Fernandez de Cordova de Cardona, Duca di Sessa (epoca di Carlo II).

    La giurisdizione fiscale e la supervisione degli organi finanziari, erano competenza del Gran Camerario o Camerlengo. Gli organi finanziari del Regno erano fondati sulla dohana (nome probabilmente derivato dall'arabo diwan, termine con cui si designavano gli uffici amministrativi e contabili), successivamente chiamata de secretis, la cui circoscrizione fu inizialmente circoscritta alla Sicilia ex musulmana, e con il trascorrere del tempo, estesa a tutto il continente. Verso il 1174, circa, fu istituita la dohana baronum con competenza sui beni feudali. Non sono rari i casi in cui le figure del magister dohane de secretis e dohane baronum si riunivano nella stessa persona, così come non è difficile vedere queste cariche svolte contemporaneamente insieme a quella di camerarius del palazzo. In seguito, la giurisdizione di competenza del Camerlengo, venne ad essere esercitata dal Luogotenente della Camera della Sommaria, che veniva eletto dal Re, insieme a Presidenti della stessa. Alla fine del sec. XVII, l'incarico di Gran Camerario era retribuito con un'annua rendita di 2150 ducati, che veniva prelevata dal jus Tapeti, dalle Capitanie delle terre demaniali, dai relevi dei baroni, e dalle gabelle sul sale e lo zucchero. Quando compariva ufficialmente insieme al sovrano, il suo posto era subito dopo quello del Gran Giustiziere. Durante il Regno di Napoli, furono titolari di quest'Ufficio: Denolfo Mansella (epoca di Ruggiero e Guglielmo I); Manfredi Maletta, Conte di Mileno e Frequento, e signore di Monte Sant'Angelo (1264); Pietro Belmonte, Conte di Montescaglioso (1269); Pietro Caracciolo (1279); Giovanni Monforte, Conte di Squillace (1292); Berardo Caracciolo (1305); Diego della Ratta, Conte di Caserta (1310); Carlo d'Artus, Conte di Gerace (1348); Raimondo del Balzo, Conte di Spoleto (epoca di Giovanna I); Giacomo Arcucci, Conte di Minervino (1375); Giordano Marzano, Conte di Alife, (1381); Francesco Prignano (1400); Berlingiero Cantelmo, Conte d'Arce (1407); Giacomo Cantelmo, Conte d'Arce (epoca di Ladislao); Pandolfello Alopo (epoca di Giovanna II); Ruggiero Gaetani (epoca di Giovanna II); Lorenzo Colonna, Conte di Albi (epoca di Giovanna II); Francesco d'Aquino, Conte di Loreto (epoca di Alfonso I); Girolamo Sanseverino, Principe di Bisignano (epoca di Ferrante I); Innigo d'Avalos, Marchese di Pescara (epoca di Ferrante I); Alfonso d'Avalos, Marchese del Vasto (epoca di carlo V); Francesco Ferrante d'Avalos, Marchese di Pescara (figlio del precedente - epoca di Filippo II); Alfonso d'Avalos, Marchese del Vasto e di Pescara (epoca di Filippo II); Innigo d'Avalos, Marchese del Vasto e di Pescara (epoca di Filippo III); Cesare d'Avalos (epoca di Filippo III); Ferrante Francesco Maria d'Avalos d'Aquino d'Aragona, Marchese del Vasto e di Pescara, Principe di Francavilla (epoca di Filippo IV); Ettore PIgnatelli d'Aragona, Duca di Monteleone e di Terranova, Marchese del Vaglio, Principe di Noia (epoca di Filippo IV e Carlo II).

   Il Logoteta ed il Protonotaro erano uffici di chiara derivazione bizantina. Alcuni ritengono (es. Marino Frezza, De subfeudis baronum, 1554), che le due denominazioni si riferissero al medesimo ufficiale, altri invece (E. M. Jamison) ritengono che i due uffici fossero originariamente distinti, e mentre il primo doveva ricevere le petizioni e curare gli affari con l'estero, il Protonotaro aveva l'incarico di esercitare il controllo sugli uffici giudiziari. Anticamente il Protonotario era il primo Notaio o Segretario del Re; conservava le reali scritture, era il primo a parlare nei pubblici parlamenti e riceveva risposte degli altri. Suo luogotenente era il Presidente del S.C. che assumeva la carica di Vice Protonotaro. L'Ufficio principale aveva inoltre l'autorità di creare i Notai del Regno. Sedeva dopo il grande Ammiraglio. Nel 1670 era retribuito con la rendita annua di 2190 ducati. Quella che segue è la cronologia relativa ai personaggi che furono chiamati a rivestire quest'incarico: NIcolò (1133); Ruggiero da Taranto (1173); Abbate N. (1195); Alberto N. (1196); Matteo N. (1198); Arrigo N. (1219); Giovanni di Lauro (1220); Giacomo da Catania (1224); Pietro delle Vigne (1226); Filippo di Matera (1229); Procopio da Matera (1232); Giovanni d'Alife (1263); Roberto da Bari (1266); Sparano da Bari (1279); Bartolomeo di Capua (1284); Giacomo di Capua (1287); Ruggiero Sanseverino Arcinese, di Bari (1343); Ligorio Zurulo (1246); Landolfo Caracciolo, Arcivescovo di Amalfi (1348); Napoleone Ursino (1352); Ugo Sanseverino, Conte di Potenza (1370); Giovanni Ursino, Conte di Manoppello (1381); Gualtieri d'Engenio, Conte di Copertino (1383); Berardo Zurlo (1390); Napoleone Ursino II, Conte di Manoppello e S.Valentino (epoca di Ladislao); Leone Giordano Orsino, Conte di Manoppello (epoca di Ladislao); Gurello Origlia (1406); Francesco Zurlo, Conte di Montoro (1415); Cristofaro Gaetani, Conte di Fondi (1420); Onorato Gaetani, Conte di Fondi (1442), Onorato Gaetani, Conte di Fondi, Duca di Traetto (1469); Pier Berardino Gaetani, Conte di Morcone (1484); Goffredo Borgia, Principe di Squillace, Conte di Cariati (1494); Ferrante Spinelli, Duca di Castrovillari (1525); Arrigo Conte di Nassau (1536); Andrea d'Oria, Principe di Melfi (epoca di carlo V); Giovanni Andrea d'Oria, Principe di Melfi (1555); Andrea d'Oria, Principe di Melfi (1606); Giovani Andrea d'Oria, Principe di Melfi (epoca di Filippo IV); Andrea d'Oria, Principe di Melfi (epoca di Filippo IV e Carlo II).

    Gran Cancelliere (di origine franca, dove appare per la prima volta all'epoca di Clodoveo, nella persona di Aureliano di Melun), era spesso nominato lo stesso cappellano di corte. Aveva alle sue dipendenze una serie di scrinarii che avevano il compito di redigere i provvedimenti regi. Questa figura venne introdotta in Sicilia da re Ruggero e nel Regno di Napoli, a far data dall'epoca di Ferdinando il Cattolico e Carlo V, la cancelleria venne attribuita allo stesso sovrano. Da quel momento il Gran Cancelliere ebbe la soprintendenza nel Collegio dei Dottori (ed in tale qualità spediva i privilegi a coloro che venivano creati dottori), il potere di deputare il Vice Cancelliere preso il Collegio di Legge, di Teologia e di Medicina. La sua giurisdizione veniva esercitata dai Reggenti della Cancelleria e dal Segretario del Regno. Il Gran Cancelliere si avvaleva di un certo numero di Mastro d'atti e Bidelli. Sue prerogative erano vestire di porpora e sedere, nei pubblici parlamenti e nelle altre funzioni pubbliche, vicino al re, dopo il Gran Protonotario. La rendita annua legata a quest'Ufficio ammontava a 2160 ducati. I titolari dell'Ufficio fino al 1670 furono: Masone da Bari (epoca di Re Ruggiero); Asclettino (epoca di Guglielmo I); Matteo Bonello (epoca di Guglielmo II); Gualtiero Vescovo di Troia (epoca di Arrigo VI, 1195); Gualtiero de Paleraijs (1206); Gualtiero d'Ocre (epoca di Re Manfredi); Goffredo da Belmonte (1269); Pietro da Belmonte, Conte di Montescaglioso e Alba (epoca di Carlo I); Simone de Parisi (1270); Adamo di Tucciaco, Arcivescovo di Cosenza (1292); Guglielmo Longo da Bergamo, Cardinale (epoca di Carlo II); Pietro de Ferraris, Arcivescovo d'Arles (1300); Ingerano Stella, Arcivescovo di Capua (1320); Filippo Vescovo Cavillonense (1344); Nicolò d'Alunno (epoca di Giovanna I); Onorio Savello (1382); Giovanni Tomacello, Principe di Altamura, Duca di Orvieto e Spoleto, Conte di Sora, Minervino e Nocera (1392); Filippello Tomacello (1400); Marino Boffa, Conte di Alife e Bovino (1416); Ottino Caracciolo, Conte di Nicastro (1419); Algiasio Ursino (1421); Orso Ursino (epoca di Alfonso I); Ugo d'Alagno, Conte di Borrello (epoca di Alfonso I); Giacomo Caracciolo, Duca di Cagnano, Conte di Brienza (1479); Petricone Caracciolo, duca di Martina, Conte di Buccino (1488); Mercurio Gattinara, Conte di Castro (1535); Battista Caracciolo, Duca di Martina (1550); Cosmo Pinelli, Duca dell'Acerenza (1557); Innigo d'Avalos (1562); Cesare d'Avalos (epoca di Filipop II); Tiberio Pignatelli (epoca di Filippo III); Camillo Caracciolo, Principe di Avellino (epoca di Filippo III); Marino Caracciolo, Principe di Avellino (epoca di Filippo IV); Francesco Marino Caraciolo, Principe di Avellino (epoca di Filipo IV e Carlo II).

    Di origine franca è anche l'ultima carica del Regno, quella del Siniscalco, o Marescalco o anche Maresciallo (da magister equorum), Prefetto o Mastro della casa reale. Come in alcuni casi precedenti, anche quest'Ufficio non aveva mansioni stabili, bensì competenze varie ed occasionali. Rientravano comunque tra le sue mansioni quella di prendersi cura degli ornamenti ed apparati regi,  di far provvedere ai necessari approvigionamenti del palazzo reale, di aver cura della scelta delle razze equine, delle foreste e della caccia riservata al sovrano. La sua giurisdizione venne ripartita tra il Cavallerizzo ed il Mastro di caccia. Nelle pubbliche cerimonie il suo posto era ai piedi del Re. L'Ufficio di Siniscalco era remunerato con una rendita annua di 2190 ducati. Tra i titolari alternatisi nel tempo si ricordano: Riccardo (figlio del Conte Drogone - epoca di Re Ruggiero); Ugolino di Tocco (1195); Goffredo Sanguineto (1269); Giovanni d'Apia (1292); Carlo della Leonessa (1302); Goffredo dé Meliac (1303); Ugone del Balzo (1307);  Leone Regio (epoca di Carlo II); Roberto de Cabanis, Conte d'Eboli (1345); Cristoforo di Costanzo (1352); Nicolò Acciaioli, Conte di Melfi (1360); Angelo Acciaioli, Conte di Melfi (1366); Marsilio de Carrara (1382); Salvatore Capece Zurlo (epoca di Re Ladislao); Gabriello Ursino, duca di Venosa (1409); Arturo Pappacoda (1410); Giovanni Scotto (epoca di Luigi II d'Angiò); Pietro d'Andrea, conte di Troia (epoca di Giovanna II); Sergianni Caracciolo, Duca di Venosa, Conte di Avellino (1425); Arrigo d'Anna, detto il Monaco (epoca di Giovanna II); Francesco Zurlo, Conte di Nocera e Montoro (1442); Francesco d'Aquino, Conte di Loreto (epoca di Alfonso I); Pietro di Guevara, Marchese del Vasto (1470); Stefano Bicesi, Signore di Belcaires, Gran Cameriere di Re Luigi XII (1501); Carlo di Guevara, Conte di Potenza (1535); Innigo di Guevara, Duca di Bovino (epoca di Filippo III); Giovanni di Guevara, Duca di Bovino (epoca di Filippo III); Innigo II di Guevara, duca di Bovino (epoca di Filipo IV); Carlo di Guevara, Duca di Bovino (epoca di Filippo IV e Carlo II).

 

 

Bibliografia:

- O. Beltrano, Descrittione del Regno di Napoli diviso in dodeci provincie - Napoli 1671;

- G. di Crollalanza, Enciclopedia Araldico - Cavalleresca;

- E. Cortese, Le Grandi linee della storia giuridica medievale, Ed. Il Cigno, Roma 2000.

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(1) L'elenco, come gli altri che seguono, è tratto da: O. Beltrano, Descrittione del Regno di Napoli, Napoli 1671. La cronologia dei titolari dei vari Offici è pertanto riportata solo fino all'epoca di pubblicazione di questo libro.

 

 

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